Una tecnica innovativa di personalizzazione dell’intera
procedura di sostituzione protesica di caviglia, che partendo
dall’anatomia di ogni singolo paziente permette di costruire un
impianto su misura in stampa 3D, è stata messa a punto grazie alla
collaborazione tra chirurghi ortopedici e ingegneri dell’Istituto
Ortopedico Rizzoli e dell’Università di Bologna.
Il professor Cesare Faldini, direttore della Clinica Ortopedica I,
ha coordinato l’equipe che ha eseguito l’impianto su un paziente
di 57 anni, che aveva perso la funzionalità articolare in seguito a
un incidente stradale. Era finora considerato non operabile a causa
della severa alterazione anatomica della sua caviglia; oggi cammina,
grazie all’intervento eseguito al Rizzoli il 9 ottobre scorso.
Le fratture che distruggono la caviglia, dette destruenti in
termici medici, non sono rare e sono causate principalmente da
incidenti stradali (in moto, in bici o investimenti) e da infortuni
sul lavoro (cadute dall’alto). A subirle sono tipicamente pazienti
giovani, che salvano il piede ma non la sua funzionalità, e spesso,
alla fine di un lungo e problematico percorso di cura, rimangono con
gravi danni all’articolazione della caviglia.
L’applicazione di una protesi articolare in situazioni come
queste fino ad oggi era resa complessa dal fatto che le componenti
protesiche standard sono progettate per articolazioni anatomicamente
regolari, con danni artrosici solo a livello della cartilagine. Gli
esiti di gravi traumi e di fratture, modificando notevolmente la
forma articolare, rendono l’intervento di sostituzione protesica
classica possibile solo in pochi casi, lasciando gli altri pazienti
privi dell’articolazione a causa delle alterazioni dell’anatomia
determinate dal trauma.
“L’intervento eseguito al Rizzoli – spiega il professor Faldini – rappresenta un’innovazione assoluta a livello mondiale perché è la prima volta che un impianto protesico per la caviglia a conservazione dell’isometria legamentosa viene costruito in stampa tridimensionale e impiantato con una tecnica a guide di taglio personalizzate che permettono di risparmiare tempo chirurgico e tessuto osseo in un paziente affetto da una distruzione articolare post traumatica.”
La procedura si è svolta in due tempi: il paziente ha eseguito
qualche settimana prima dell’intervento un esame TC della caviglia,
in posizione eretta. Da questo esame, un’attenta ricostruzione 3D
ha permesso di ricavare un modello tridimensionale della gamba e del
piede del paziente, tramite software e procedure sviluppati al
Laboratorio di Analisi del Movimento del Rizzoli dal gruppo di
ricerca dell’ingegner Alberto Leardini.
Chirurghi ortopedici e ingegneri biomedici hanno simulato
l’intervento chirurgico al computer, lavorando su forma e
dimensione di ogni componente protesica per venire incontro alle
caratteristiche anatomiche specifiche del paziente, fino a trovare la
combinazione ottimale delle componenti di astragalo e tibia, le due
ossa che compongono la caviglia.
Una volta stabilita la geometria della protesi e il suo
posizionamento ideale, è stato prodotto un corrispondente modello
osseo e protesico in stampa 3D in materiale plastico, per le prove
manuali finali. Raggiunto e verificato il risultato più
soddisfacente sia per il chirurgo che per l’ingegnere, la protesi
vera e propria per l’impianto finale è stata infine stampata in
una lega di Cromo-Cobalto-Molibdeno con la tecnologia EBM (un fascio
di elettroni fonde strato per strato la polvere metallica in base al
file fornito dal Rizzoli).
Ultima fase del percorso, il ricovero del paziente: l’intervento
chirurgico, nonostante la complessità legata alla presenza di una
grave alterazione dell’anatomia, è stato reso meno invasivo
dall’utilizzo di guide personalizzate, costruite sempre in stampa
3D e progettate a stampo sull’osso virtuale del paziente, che hanno
permesso di rimuovere solo la esatta parte di cartilagine e osso
accessori, risparmiando il tessuto osseo necessario per ospitare le
componenti protesiche.
Sia la tibia che l’astragalo, così preparati, hanno potuto
“ricevere” ottimamente l’impianto protesico su misura: già a
fine intervento, in sala operatoria, è stato possibile valutare il
perfetto posizionamento e l’ottimo recupero dell’arco di
movimento dell’articolazione della caviglia. Anche il protocollo
post operatorio è stato personalizzato: riportare in movimento
continuo un’articolazione bloccata da anni è complesso e ha
richiesto un’intensa collaborazione con l’Unità di Medicina
Fisica e Riabilitativa del Rizzoli diretta dalla professoressa Maria
Grazia Benedetti.
“Questa strategia, pensata per pazienti resi disabili da gravi incidenti che hanno compromesso irrimediabilmente la funzione articolare della caviglia – commenta il direttore generale del Rizzoli Mario Cavalli – è anche frutto della collaborazione tra il Rizzoli, con i suoi chirurghi ortopedici, gli ingegneri, i fisiatri, e gli Istituti di Anatomia e di Ingegneria dell’Università di Bologna. La valorizzazione delle diverse competenze in ambito tecnologico, ingegneristico e medico, coordinate in un IRCCS, Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, quale il Rizzoli, ha permesso di dare una risposta clinica di altissima innovazione a pazienti per i quali fino ad oggi la chirurgia non poteva nulla per migliorare la loro disabilità.”
L’articolo Gli ingegneri biomedici del Rizzoli di Bologna per la prima volta al mondo ricostruiscono un’intera caviglia con protesi su misura stampata in 3D proviene da Unione Geometri.
Autore: Mauro Melis
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