Lina Bo Bardi, nome originale completo di Achillina Bo, (nata il 5 dicembre 1914 a Roma, Italia, morta il 29 marzo 1992 a San Paolo, Brasile), architetto modernista brasiliano di origine italiana, designer industriale, conservatore storico, giornalista e attivista il cui lavoro ha sfidato la categorizzazione convenzionale. Progettò audaci strutture idiosincratiche che fondevano modernismo e populismo. Bo Bardi si laureò in architettura nel 1939 all’Università di Roma, dove aveva studiato con architetti come Marcello Piacentini e Gustavo Giovannoni.

Dopo la laurea, si trasferisce a Milano e inizia a lavorare con
l’architetto Carlo Pagani e inizia la sua carriera nel giornalismo di
design. Oltre che con Pagani ha lavorato anche con l’architetto e
designer Gio Ponti e ha collaborato con lui alla rivista Lo Stile.
Nel 1944 divenne vicedirettore di Domus – una rivista fondata da
Ponti nel 1928 – e mantenne tale incarico fino al 1945. Nel 1945
Domus commissionò a Bo Bardi, Pagani e al fotografo Federico
Patellani di viaggiare per l’Italia documentando la devastazione
della seconda guerra mondiale. Più tardi nello stesso anno ha
collaborato con Pagani e il critico d’arte Bruno Zevi alla rivista di
breve durata A – Attualità, Architettura, Abitazione, Arte, che ha
pubblicato i loro risultati e discusso idee per la ricostruzione in
Italia del dopoguerra.

Nel 1946 sposò Pietro Maria Bardi, direttore di una galleria d’arte, commerciante e critico. La coppia si trasferì in Brasile poco dopo, dove suo marito era stato invitato dal giornalista e magnate dei media Assis Chateaubriand per aiutare a fondare e dirigere il Museo d’Arte di San Paolo (Museu de Arte de São Paulo; MASP), il primo museo in Brasile a collezionare ed esibire arte moderna.

Per il primo allestimento dell’istituzione museale, aperto nel 1947, realizzo in una parte dell’edificio che ospitava l’attività di Chateaubriand, gli interni e gli allestimenti. Qui Bo Bardi ha sviluppato un sistema innovativo per sospendere i dipinti lontano dal muro. (il suo design è stato demolito negli anni ’90 e sostituito con un sistema di sospensione a parete convenzionale) Ha anche progettato sedie pieghevoli in legno e pelle di jacaranda brasiliane, che sono state utilizzate durante le lezioni e gli eventi. Successivamente ha curato una mostra al MASP sulla storia del design delle sedie.

Nel 1950 Bo Bardi fondò la rivista Habitat con suo marito, rivista per la quale ricopri il ruolo di editore fino al 1953. Durante quel periodo porto Habitat ad essere la rivista di architettura più influente in Brasile. È diventata cittadina brasiliana (1951), ha istituito il primo corso di design industriale del paese presso l’Istituto di arte contemporanea (parte del MASP ampliato) e ha progettato per se stessa e suo marito la Casa de Vidro (o Glass House), nel quartiere Morumbi di San Paolo.

La Glass House fu costruita su una collina e, nel tempo, si
integrò completamente nel paesaggio. La facciata principale della
casa si estendeva sul pendio della collina, elevata e sostenuta da
sottili pilastri. Nel 1951 disegna anche il suo mobile più famoso,
Bardi’s Bowl, una sedia a forma di ciotola emisferica regolabile
appoggiata su una culla d’acciaio.

Nel 1958 iniziò a lavorare sul un nuovo edificio del MASP
(completato nel 1968). Situato in posizione centrale sull’Avenida
Paulista di San Paolo, l’iconico edificio in vetro e cemento di Bo
Bardi si presenta sollevato da terra di 8 metri su importanti
pilastri rossi. Lo spazio a livello del suolo serviva, secondo la
progettazione, come luogo di ritrovo per concerti, proteste,
socializzazione…

Alla fine degli anni ’50 Bo Bardi inizia un lungo periodo di vita
e di lavoro a Salvador, una città impoverita ma culturalmente ricca
nello stato nord-orientale di Bahia. Qui ha tenuto una serie di
conferenze alla School of Fine Arts della Bahia University nel 1958,
e nel 1959 è stata invitata a fondare e gestire il Museo di Arte
Moderna di Bahia (Museu de Arte Moderna da Bahia).

Lina Bo Bardi e il periodo della dittatura militare.

Lo sconvolgimento politico che investi il Brasile negli anni 60
la portò a lasciare Bahia nel 1964. Il suo successivo ritorno a San
Paolo segnò l’inizio del prolungato periodo di oppressione del
Brasile sotto una dittatura militare che durò fino al 1985. Durante
quel periodo Bo Bardi curò mostre e lavorò in teatro, progettando
scenografie e costumi per diverse produzioni, in particolare una
produzione del 1969 di Im Dickicht der Städte (Nella giungla delle
città), un’opera teatrale di Bertolt Brecht.

La nascita dell’architettura povera di Lina Bo Bardi

L’esperienza di Bo Bardi a Bahia aveva alterato le sue filosofie
politiche ed estetiche. Gli esempi di architettura vernacolare e
storica della regione avevano dato origine a un processo di
progettazione sempre più guidato da responsabilità sociali ed
etiche e ispirato dalla fedeltà al suo paese adottato e alle sue
tradizioni estetiche native.

Bo Bardi si è impegnata a creare un’architettura unicamente brasiliana, progettata in modo più semplice e realizzata con materiali locali, quella che ha chiamato “Arquitetura Povera” (architettura “povera” o “semplice”).

Gran parte del suo lavoro, sin dalla sua esperienza iniziale in
Salvador, ha riguardato il riutilizzo delle strutture esistenti,
nonché il ripristino e la conservazione di edifici storici. Nel
corso degli anni ’80 Bo Bardi ha guidato progetti di conservazione e
restauro nel centro storico di Salvador, tra cui la Casa del Benin,
che contiene una collezione d’arte e comprende uno spazio espositivo,
e Misericórdia Hill, una strada storica estremamente ripida
(entrambe nel 1987).

Nel 2012, centenario della sua nascita, la carriera di Bo Bardi è
stata celebrata con il lancio di una linea in edizione limitata della
sua sedia da bocce, un’importante retrospettiva itinerante
organizzata dal British Council a Londra e la pubblicazione di una
monografia accademica che la abbraccia lavoro della vita.

L’articolo Lina Bo Bardi: come una donna ha rivoluzionato il mondo dell’architettura e del Design proviene da Unione Geometri.

Vai alla fonte.

Autore: Mauro Melis

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